martedì 21 agosto 2012

canicola

la canicola è una metafora? forse sì. devi centellinare le risorse: o puoi sbracare. devi sudare (letteralmente) per fare qualunque cosa, anche pensare e basta: o rinunci e non vivi. devi scegliere il percorso con più ombra, benché più lungo: o ti cuoci. devi badare a te stesso e al contempo essere incurante di te stesso. insomma, fa riflettere: sopravvivere alla canicola è un po' come sopravvivere tout court, sopportare gli altri casini di qualunque tipo. però mi domando: com'è che venti-trent'anni fa non avevamo i condizionatori e ce la cavavamo lo stesso?

martedì 14 agosto 2012

rientro

tutte le sere del mondo svolto dalla provinciale, destra-destra-sinistra-sinistra, prendo il telecomando e apro il cancello, metto la macchina in garage e salgo in casa. tutte le sere del mondo mi chiudo la porta alle spalle, quattro giri di chiave, sbuffo tutta la stanchezza che ho dentro, svuoto le tasche, mi spoglio e indosso la tenuta casalinga fantozziana, mutande ascellari, maglietta vintage e rutto libero. e lì, nel momento in cui godo la fine delle incombenze della giornata, tutte le sere del mondo, senza eccezioni, mi maledico perchè mi accorgo di aver lasciato il cellulare giù in macchina.

venerdì 10 agosto 2012

gettoni

non so se avete notato, ma stanno sparendo le cabine telefoniche. tolgono quelle per strada e ne lasciano solo poche in stazioni, aeroporti, ospedali. tutti abbiamo il cellulare, le cabine non servono più, anzi non rendono più.
ognuno di noi ha mille ricordi dei telefoni pubblici. i gettoni, brutti e marroni, da cambiare al bar. la caccia alla cabina meno soleggiata: erano saune vere, altrimenti. l'esaurimento del credito scandito dai rintocchi nella cornetta. parlare in fretta per non sprecare un attimo. la coda fuori, se di cabina ce n'è una sola e l'impellenza è di tanti, pure scocciati. le rubriche attaccate sotto il telefono, in balia di vandali e buontemponi. l'insegna tonda e gialla con la cornetta stilizzata fuori dai locali.
nei miei ricordi di ragazzino la cabina è quella della piazza del paese, per rintracciare qualche amico che si era dato alla macchia. è quella del mare sardo, perennemente al sole, tanto che andavo a telefonare alla sera per sapere se la morosa, a casa, stava bene: e volavano schede da cinquemila lire ogni volta, spiccioli spesi benissimo. è quella delle poste in montagna, sotto un portico buio, squadrato e spoglio, dove tentai invano di convincere una morosa successiva a venire su in treno o in pullman (altre cinquemila a botta: e non venne, mai capito perchè). è quella del palaghiaccio, da dove dettavo freneticamente gli articoli di hockey ai dimafoni (esistevano ancora: ormai si sono estinti pure loro) alle undici passate di sera, sballottato tra la gente che sciamava fuori dopo la partita. è quella della stazione, "papà ho perso l'ultimo pullman mi vieni a prendere?", quando tornavo dall'università e il treno tardava quei due minuti fatali.
e le vostre cabine, quali sono?

domenica 5 agosto 2012

pioveva

lavoro in una grande sala open space che una volta, tanti anni fa, era un cinema. per dirla tutta, era un cinema porno: ma solo alla fine della gloriosa parabola che l'aveva fatta passare dai filmoni da oscar ai cartoni animati.
la mia postazione è a pochi metri dal fu schermo, l'arredamento è cambiato ma i muri sono gli stessi, con gli stucchi bianchi e dorati, i rosoni o come diavolo si chiamano al soffitto, le porte stile saloon che allora avevano il velluto e adesso hanno lo specchio.
ci sono anche venuto, da ragazzino, al cinema porno. ricordo con precisione persino la data: domenica 21 aprile 1985, e pioveva a dirotto. venimmo su in pullman, io e altri due o tre amici. avevamo 15 anni e per entrare falsificammo malamente le tessere della biblioteca, tra gli sghignazzi, seduti ai tavolini del bar di fronte. naturalmente il tipo della biglietteria ci sgamò all'istante, ma finse di non accorgersi e ci fece entrare con un sorrisino sardonico.
non ricordo il titolo del film, la trama era persino ovvia (non si può mai dire di non sapere come va a finire un film porno), mi sono rimaste impresse poche scene. più che altro ricordo l'adrenalina del fare qualcosa di proibito. in sala c'erano pochi attempati signori, che poi sgattaiolarono fuori manco fossero ladri, timorosi che qualcuno li riconoscesse.
la stagista che è stata qui l'anno scorso, quando ha saputo i pregressi del salone, è rimasta basita e ha esclamato con aria schifata: “ma avranno pulito bene quando hanno fatto la redazione? comunque, d'ora in poi se mi cade qualcosa per terra non lo raccolgo più!”.