sabato 15 settembre 2012

sorella

ho appena letto questo post e ho pensato alla mia, di sorella. abbiamo undici anni di differenza e pochissime cose in comune, oltre al cognome. credo che ci vogliamo bene, però non ci comportiamo come fratelli. non ci parliamo se non per facezie obbligate, e comunque al massimo a bisillabi. non ci messaggiamo mai. non m'importa dove sia e cosa faccia e con chi, non mi manca se non la vedo o non la sento.
sono stato, sono e probabilmente sarò un pessimo fratello maggiore. non le ho insegnato niente, non l'ho mai difesa, l'ho fatta giocare pochissimo, non l'ho mai coccolata. l'unico consiglio che credo di averle dato (azzeccato, però) è stato sull'università da scegliere. è che proprio per me sta in un altro mondo.
mi dispiace, naturalmente, 'sta cosa. vedo intorno a me famiglie e fratelli bellissimi, e io non ho tutta questa attenzione ai familiari. mi spiace, solo che non so cosa farci. non ho voglia di fare il primo passo, me lo impediscono tante cose tra cui l'orgoglio, e non è neanche il motivo principale. con lei mi sento molto lucy rispetto a linus.
ho sempre pensato che la colpa sia molto mia, ma un po' anche no. un po' è anche dei miei genitori, che quand'era piccola praticamente non me la lasciavano neanche sfiorare. può un fratello appassionarsi a qualcosa di intoccabile? non potevo prenderla in braccio, per dire. detto così, adesso, sembra folle, anzi lo è: ma era proprio così. lì, penso, dentro di me s'è formata l'ambivalenza del sentimento: ok, ci sei, però ti sto lontano.
poi, vabè, se l'è cavata meglio di me in tante cose, quasi tutte. se penso che volevo un fratellino, mi dico che è stato meglio così: il confronto con un maschio sarebbe stato ancora più impietoso...

sabato 1 settembre 2012

martini

sono convinto che la morte non sia una cosa brutta in assoluto: lo è solo per chi resta, perché lascia vuoti, solitudini, domande, ed esige un'accettazione razionale non facile. chi muore, puff, non c'è più: finiti i problemi, finiti gli affanni, finita la meravigliosa pochezza della dimensione umana. mi fa più paura la sofferenza fisica della morte: l'ho provata nel mio piccolo, so cos'è, fa impazzire.
tutto questo sto pensando mentre saluto carlo maria martini, il mio cardinale, come don mario è stato il mio parroco e wojtyla il mio papa. senza conoscermi mi ha saputo toccare corde, ha saputo parlare alla mia anima non conformista e un po' luterana. con le sue proposte nuove, ha saputo cogliere l'ansia di capire dei giovani. a lui sono legati i ricordi del nostro gruppo: la scuola della parola, la lettura dei suoi testi, con federica, francesco e tutti gli altri.
ho amato la sua schiettezza, ho sperato che diventasse papa: quando hanno eletto il superconservatore ratzinger ho pensato che fosse troppo avanti perchè accadesse, non immaginavo che in realtà fosse anche così malato.
sfogliando le gallerie fotografiche della sua grande stagione a milano ho provato lo stesso magone e sentito gli stessi occhi lucidi di quando rivedo giovanni paolo. quella milano in bianco e nero, non ancora ripiegata su se stessa e insofferente. quella gente non ancora chiusa e diffidente. quella semplicità che, da sola, è stata la sua cifra di testimonianza. quella cultura che, da sola, spiega come e perchè ha parlato a così tanta gente. cercava i lontani e fu contestato dai vicini, che egoisticamente non capivano: stupide gelosie.